Alcuni lettori segnalano pressioni dalle loro aziende perché rinuncino al premio di produttività in busta paga e lo destinino al cosiddetto welfare aziendale. Si chiama così un coacervo di beni e servizi (buoni pasto, sanità integrativa, trasporti casa-lavoro ecc.) che dovrebbero appunto accrescere il benessere del lavoratore. In realtà esso degenera nel caso migliore in una forma di elusione fiscale, affogata in rapporti concertativi fra sindacati e aziende, e comunque non è affatto conveniente come raccontano.
Easy Welfare, provider di welfare aziendale recentemente acquisito da Edenred, attraverso il proprio Osservatorio ha divulgato i dati riguardanti l’andamento delle scelte di imprese e lavoratori in materia di welfare aziendale per l’anno 2018. Grazie a queste stime è possibile analizzare come cambino le scelte dei dipendenti, specialmente in base all’età, al genere e all’importo destinato ai servizi di welfare.
I tempi di viaggio per raggiungere il posto di lavoro aumentano e possono scoraggiare la partecipazione al mercato del lavoro. Una ricerca mostra che particolarmente penalizzate sono le donne, anche quando gli spostamenti più lunghi riguardano gli uomini.
Aumenta il premio di risultato, crescono le ore di permesso per le visite mediche dei familiari (anche per il veterinario) e si discute della proprietà dei dati prodotti dai lavoratori. Ma ci sono anche accenni al rispetto delle diversità di genere, alla riduzione dell’uso della plastica monouso e a incentivi per chi va a piedi o in bici in fabbrica. Si arricchisce ulteriormente il contratto aziendale in Lamborghini, dove sindacati e dirigenti hanno raggiunto un’ipotesi di accordo che ora dev’essere approvata dai 1.800 dipendenti col referendum.
Edenred, società leader nel settore dei buoni pasto e provider di welfare aziendale, ha scelto di premiare alcune imprese italiane che si sono contraddistinte per i loro progettidi welfare aziendale e di conciliazione vita-lavoro. A questo scopo il 30 maggio, presso i locali della Triennale di Milano, si è tenuta la “Welfare Revolution”, edizione 2019 degli Edenred Awards. I riconoscimenti sono andati a cinque realtà che nel corso degli ultimi anni hanno investito molto in questo campo, riuscendo a realizzare piani di intervento considerati particolarmente innovativi ed efficaci.
Edenred, società leader nel settore dei buoni pasto e provider di welfare aziendale, ha scelto di premiare alcune imprese italiane che si sono contraddistinte per i loro progetti di welfare aziendale e conciliazione vita-lavoro. A questo scopo il prossimo 30 maggio, presso i locali della Triennale di Milano, si terrà “Welfare Revolution”, edizione 2019 degli Edenred Awards. La serata sarà presentata da Katia Follesa, conduttrice e attrice, mentre l’ospite di eccezione sarà l’ex calciatore e capitano dell’Inter Javier Zanetti. Nel corso della serata saranno premiate cinque realtà che nel corso degli ultimi anni hanno investito molto nel welfare aziendale, riuscendo a realizzare piani particolarmente efficaci e innovativi. Nella giuria di esperti chiamata a valutare e premiare le aziende ci sarà tra gli altri anche il nostro ricercatore Valentino Santoni.
Cresce il numero di dipendenti del secondo gruppo assicurativo italiano che scelgono di usufruire di un menu di servizi molto largo e costruito in base alle loro esigenze effettive. Sabina Tarozzi, responsabile welfare: «Si va dalla palestra al sostegno della genitorialit໫In questi anni abbiamo messo a punto un’offerta articolata e crediamo di qualità, ma per raggiungere questo obiettivo non potevamo che partire dall’ascolto delle nostre persone». Per farlo, è necessario iniziare dai bisogni. Ma per capire i bisogni servono analisi che, racconta Sabina Tarozzi, responsabile delle iniziative di welfare del Gruppo Unipol, il secondo gruppo assicurativo nel mercato italiano, con 14.241 dipendenti e la più grande rete di agenzie d’Italia, «svolgiamo periodicamente focus group e survey con il supporto dell’Università Cattolica di Milano». All’ultima survey, condotta nell’ottobre scorso, hanno risposto oltre 5.500 dipendenti del Gruppo Unipol. Dallo studio emerge che il il 95% dei dipendenti conosce l’esistenza del welfare in Unipol e l’85% ritiene molto importante la presenza di iniziative di welfare o di corporate well-being.
Lo chiamano welfare aziendale ed è quell’insieme di buone prassi volte ad aumentare il benessere del lavoratore (e del suo nucleo familiare) attrverso piccoli grandi aggiustamenti inseriti nel contratto di secondo livello. Come dimostra l’integrativo siglato di recente in Ducati Motor, la negoziazione metalmeccanica da queste parti fa rima con eccellenza. Un mix di flessibilità e maggiorazioni economiche che migliorano la vita. A Bologna eprovincia la lista delle aziende virtuose, intendendo per virtù l’esistenza di relazioni col sindacato improntate sulla condivisione degli obiettivi, si fa anno dopo anno più lunga.
Non è solo una questione di welfare. L’indagine dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Friuli, Emilia Romagna, Veneto e Marche che richiama l’attenzione sull’aumento dell’uscita dal lavoro delle donne per occuparsi dei figli e di altri carichi ci pone davanti ad una situazione allarmante: 3.600 donne in Emilia Romagna nel 2016. Quasi impossibile pensare che nell’epoca della rivoluzione digitale, dell’internet delle cose, dei big data, siamo ancora alle prese con l’impossibilità di riconoscere il ruolo della donna come parte fondante della società lavorativa. Questa ricerca fa emergere in modo netto le conseguenze delle sfide globali, tra le altre, l’invecchiamento della popolazione e l’abbassamento del tasso di natalità.
Secondo un’indagine di Uecoop, su dati Ipsos, ben sei lavoratori su dieci (59%) mettono al primo posto nella classifica dei benefit aziendali preferiti quelli legati alle spese familiari, dall’asilo dei figli all’assistenza degli anziani. Per l’Unione europea delle cooperative il welfare privato “sta diventando sempre più complementare rispetto a quello pubblico per rispondere a una crescente richiesta di servizi e assistenza soprattutto da parte di chi lavora e non ha possibilità di sfruttare reti familiari di sostegno a cui affidare i figli nelle ore di assenza fuori casa”.