Durante l’emergenza le imprese sono diventate più consapevoli del loro ruolo sociale, investendo maggiormente sul fronte del welfare. Secondo l’indagine promossa da Generale Italia sanità e conciliazione sono le aree di maggior impegno delle imprese, che spesso hanno adottato misure anche in favore delle comunità. Anche per questo, ha dichiarato il Ministro Orlando, il Governo continuerà a lavorare sulla defiscalizzazione.
Se trovare un equilibrio tra vita privata e vita lavorativa è una partita ancora tutta da giocare, la sperimentazione in ambito aziendale di soluzioni basate sull’attivazione di reti collaborative può rivelarsi particolarmente interessante in termini di impatto e valore aggiunto. L’esperienza portata avanti negli ultimi anni dalla Fondazione Bruno Kessler – ente di ricerca della Provincia autonoma di Trento che opera nel campo scientifico, tecnologico e delle scienze umane con più di 600 dipendenti – si configura come una sperimentazione continua di nuovi modelli di welfare intra- e inter-aziendale, dove la progettazione condivisa, l’attivazione di reti territoriali e il focus sull’innovazione digitale sono stati gli ingredienti principali per esplorare nuovi scenari di welfare territoriale e di prossimità.
Grazie alla partnership tra le società Welfood e Fitprime nasce “WePeople”, un programma dedicato alle aziende e ai loro lavoratori che si propone di migliorare il benessere psicofisico di questi ultimi: WePeople offre infatti una serie di servizi che hanno l’obiettivo di promuovere uno stile di vita sano, attivo e consapevole. Attraverso il programma, l’azienda può promuovere un percorso che coinvolge tutta la popolazione aziendale – attiva sia da remoto sia in sede – attraverso la definizione di obiettivi, l’aumento della motivazione e l’introduzione di nuove sane abitudini quotidiane, finalizzate al raggiungimento del proprio benessere.
Post 2014, anno europeo dedicato al work-life balance (ne abbiamo parlato qui), l’Europa e gli stati membri hanno cominciato a dare vita a progetti di riforma, operando un generale investimento sul piano economico-sociale in una prospettiva di maggiore integrazione di genere nel mercato del lavoro. In quest’ottica lo scorso aprile la Commissione UE ha approvato una direttiva proprio per rafforzare le politiche di conciliazione vita-lavoro e, in particolare, i congedi e le azioni legate alla flessibilità lavorativa.
Tuttavia, nonostante gli sforzi e una diffusa ripresa economica, il gender gap a livello di work-life balance è ancora importante, piuttosto precario e sbilanciato a discapito della componente femminile. Ciò, come spesso sottolineato, è in parte dovuto alla persistenza di stereotipi di genere e al difficile superamento del modello del “male-breadwinner”.
La crisi pandemica ha esacerbato due fragilità del nostro paese. In primo luogo, è diventato ancora più evidente quanto la disuguaglianza di genere sia un fenomeno radicato: in Italia, le donne faticano a conciliare vita privata e professionale a causa della mancanza di misure di sostegno alla famiglia (asili nido e doposcuola), tanto che, come mostra il grafico 1, il 38 per cento di loro si appoggia a familiari e amici. D’altra parte, una potenziale soluzione alla problematica – il welfare aziendale – non è sviluppato appieno dalle imprese.
Nel corso delle ultime settimane la notizia che Airbnb ha licenziato circa 1.900 dipendenti (pari al 25% della forza lavoro dell’azienda) a causa delle conseguenze del Coronavirus e del lockdown ha fatto il giro del mondo. In pochi hanno però parlato delle misure che il colosso di internet ha scelto di realizzare per supportare i propri ex collaboratori, soprattutto sul piano del reinserimento lavorativo.
Qualche giorno fa, nel corso di un evento in diritta streaming, il provider Easy Welfare Edenred ha divulgato i dati riguardanti l’andamento delle scelte di imprese e lavoratori in materia di welfare aziendale per l’anno 2019. Grazie a queste stime – che fanno riferimento ad un campione di circa 1.700 imprese – è possibile analizzare come siano cambiati i comportamenti e i bisogni dei dipendenti, specialmente in base all’età, al genere e all’importo destinato ai servizi di welfare.
Da lunedì prossimo i bambini in età scolare dei dipendenti dell’azienda I-Tronik di Vigonza potranno andare al lavoro con i genitori. Solo che all’ingresso, dopo il test della temperatura con il termoscanner, si separeranno: i ragazzi saranno accolti in uno spazio a loro dedicato e i grandi nei loro uffici. È la soluzione adottata dai tre soci Stefano Germani, Michele Mattei e Lorenzo Rizzoli, dell’azienda padovana che si occupa di elettronica per rispondere alle difficoltà familiari manifestate dai collaboratori nella Fase 2. Nell’indecisione di scegliere tra grest, centri estivi e campiscuola il welfare diventa così aziendale.
Dopo le esperienze di Biella, Matera, Sondrio, Rho, Napoli e Salerno, nasce una nuova piattaforma digitale per i servizi di welfare promossa dal Gruppo Cooperativo CGM. Si tratta di WeForlì, progetto promosso grazie al Consorzio Solidarietà Sociale Forlì-Cesena e grazie all’attiva partecipazione delle cooperative sociali Paolo Babini, Accoglienza e Domus. All’interno della piattaforma sarà possibile scegliere tra diverse prestazioni di natura sociale, tutte rivisitate e ricalibrate allo scopo di rispondere alle limitazioni imposte dall’attuale condizione e secondo le indicazioni dettate dal “Protocollo Regionale Emilia-Romagna attività ludico ricreative centri estivi per bambini dai 3 ai 17 anni”. Particolare attenzione è stata riservata ai servizi dedicati ai bambini e ai giovani di età compresa tra i 3 e i 17 anni: si tratta infatti di una delle fasce d’età che più ha risentito del lockdown a causa dell’interruzione dell’attività scolastica e dei servizi territoriali.
Recentemente l’Istat ha reso noti i dati ricavati attraverso il Censimento permanente delle imprese, uno strumento di rilevazione che si propone di fornire un quadro puntuale della situazione delle aziende italiane sul fronte economico e non solo. Tra le dinamiche considerate dall’Istituto Nazionale di Statistica ce ne sono alcune che – sul piano teorico – ci sembrano molto interessanti per capire il livello di diffusione di pratiche legate al welfare aziendale e alla responsabilità sociale d’impresa. In particolare, il Censimento – realizzato attraverso un’indagine campionaria – si è proposto di individuare quante realtà produttive del nostro Paese applicassero azioni volontarie per il benessere dei propri collaboratori.