Dopo una veloce ripresa dalla crisi del 2008, gli Stati Uniti stanno crescendo a ritmi a dir poco invidiabili per l’Europa, da sogno per l’Italia: un 3% è previsto per il 2015 (fonte OCSE).
L’annuale Rapporto di Alma Laurea sul comportamento e destino lavorativo degli universitari italiani ci illustra come e quanto le donne siano più brillanti negli studi, ma come questo alla fine sul mercato del lavoro non conti.
Private di fondi e risorse, senza uno stipendio, impossibilitate a fare il loro lavoro ma sovraccariche di responsabilità formali: questa è oggi la situazione delle consigliere di parità. Il forte disinvestimento rende esplicito che la politica istituzionale le considera superflue e non crede nel loro operato. La domanda dunque è: sono davvero necessarie?
Un’impresa su quattro è capitanata da una donna e il valore aggiunto totale prodotto ammonta a 280 miliardi di euro l’anno. La media però nasconde risultati diversi a seconda dei settori. Dall’indagine di Red-Sintesi sul oltre 70 distretti emerge che roccaforti femminili sono il tessile, dove le quote rosa superano il 44%, il settore di pelli e calzature al 32% e quello alimentare al 29 per cento.
L’articolo offre un primo commento in ottica di genere alla nuova riforma del mercato del lavoro. Benché presentata come una misura a favore dei giovani e delle donne, dall’analisi delle misure proposte emergono non poche perplessità sia sul piano della parità che su quello dell’equità.
Una ricerca effettuata da Nomisma assieme a Cattolica Assicurazioni Federunacoma e l’Informatore Agraria, e presentata nei giorni scorsi a Bologna in occasione di EIMA, indica che tra il 2008 e il 2013 il settore agroalimentare ha assistito a un calo occupazionale totale del 6%. L’attività di coltivare i campi, che pure potrebbe dare molti sbocchi occupazionali in un momento di crisi ecnomica, è frenata da pessimismo sul futuro del settore e da una percezione sociale negativa rispetto a questo lavoro.
O i figli o il lavoro. O mamme sottopagate o fredde manager in carriera. Ma forse una terza via, anche per le donne italiane, esiste. In America da tempo le chiamano mompreneur, in Italia sono le mamme imprenditrici. Che, davanti a un mercato del lavoro che ha paura delle donne con figli o le relega in contratti da fame, si organizzano da sole. Creano imprese, aprono partite Iva, e lavorano. Non meno di prima, ma con orari e modalità diverse, gestendo il tempo come meglio credono.
E’ capo del dipartimento Statistiche sociali e ambientali dell’ISTAT e ora anche del dipartimento per i Censimenti e gli archivi amministrativi e statistici: unica donna ai vertici dell’Istituto.Linda Laura Sabbadini, classe 1956, dice di adorare il suo lavoro, e nel 2006 è stata scelta dall’allora capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi, per essere insignita – era l’8 marzo – dell’onorificenza di commendatore della Repubblica in virtù del ruolo particolarmente innovativo svolto nel campo delle statistiche sociali e di genere. Fa parte di gruppi di alto livello e di centri di eccellenza dell’Onu e della Commissione europea. Nonostante tutti i suoi incarichi, la Sabbadini non ha mai smesso di occuparsi anche di condizioni e qualità della vita delle donne.
Perché una leadership al femminile potrebbe essere più efficace di quella maschile? A pari conoscenze tecniche e scientifiche, esistono aspetti del carattere e dell’istinto femminile che possono giocare a favore nell’attuazione di strategie verso l’innovazione? A queste domande ha provato a rispondere il gruppo “Women In Engineering” dello Ieee (“Institute of Electrical and Electronics Engineers”) durante la sua prima conferenza internazionale, che ha riunito nelle scorse settimane a San Francisco, nei pressi della Silicon Valley, più di 350 ingegnere, manager, tecnologhe e ricercatrici, per condividere esperienze di successo nel settore imprenditoriale e scientifico e dare forti lezioni di “leadership al femminile”.
Con la crisi si avvicinano tassi di occupazione e salari di donne e uomini, perché i maschi stanno peggio e perché le donne stavolta non sono state il “cuscinetto” del mercato del lavoro. Tuttavia, si rischia anche di allontanare o svuotare le politiche per l’eguaglianza.
L’articolo sintetizza le principali conclusioni tratte dal rapporto “L’impatto della crisi economica sulle donne e sugli uomini e sulle politiche di uguaglianza di genere” elaborato dallo European Network of Experts on Gender Equality (ENEGE).