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Gestione e valorizzazione della risorsa femminile in azienda

Come cambia la rappresentanza politica femminile? (di Paola Papetti, Secondo Welfare, 18 febbraio 2015)

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La sistematica sottorappresentanza femminile nelle istituzioni politiche è attualmente uno dei temi maggiormente dibattuti sia a livello nazionale che a livello internazionale. Questo perché le donne, costituendo all’incirca il 50% della popolazione di ogni paese, non possono essere considerate come uno dei tanti gruppi minoritari di cui si compone una società e di conseguenza le istituzioni rappresentative dovrebbero essere composte in egual misura da donne e uomini. Uno studio condotto su 25 capoluoghi di provincia indaga gli effetti delle recenti riforme sulla rappresentanza femminile.

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Le donne imprenditrici giovani, coraggiose e più tenaci degli uomini. Prime mosse delle banche (di Sibilla Di Palma, Repubblica Economia e Finanza del 23 febbraio 2015)

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Hanno retto meglio dei colleghi uomini alla crisi. Eppure le aziende in rosa sono ancora poche e scontano difficoltà annose legate in primo luogo all’accesso al credito. Anche se un aiuto su questo fronte arriva dal lancio di finanziamenti ad hoc a supporto dell’imprenditoria femminile. È quanto emerge da uno studio di Confcommercio secondo cui, se negli ultimi cinque anni il numero degli imprenditori si è ridotto complessivamente in Italia di oltre 205mila unità, le imprese al femminile hanno tenuto meglio rispetto a quelle a guida maschile, con 47mila unità in meno contro 158mila. Inoltre, secondo gli ultimi dati di Unioncamere, tra marzo e settembre 2014 l’imprenditoria femminile è cresciuta dello 0,8%.

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L’ingresso delle donne nei templi del potere (di Giulia Ferrari e Paola Profeta, In Genere, 9 Ottobre 2014)

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La presenza femminile nei CDA di aziende quotate è aumentata grazie alla legge. Ma gli effetti positivi non si fermano ai numeri: i vertici risultano ringiovaniti (anche per la componente maschile), è aumentato il livello di istruzione, sono diminuiti i membri legati da rapporti di parentela e sono calate le posizioni multiple.

 

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L’educazione digitale che ancora non c’è Il business (quasi) tutto maschile del web (di Serena Danna, la 27ora, Corriere della Sera, 2 settembre 2014)

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C’è un paradosso nel rapporto tra donne e Internet in Italia. Se la disparità di accesso che caratterizza i nati degli anni Cinquanta si è colmata, portando la generazione degli under 30 a una parità di genere nell’utilizzo del web, quando si tratta di trarre vantaggio economico da Internet, le donne diventano una esigua minoranza. Nella scarsità dei dati disponibili, gli studiosi sono tutti d’accordo su un punto: le donne superano gli uomini nella comunicazione sui social network, nell’utilizzo dell’ecommerce e anche nel raccogliere finanziamenti via web (sebbene poi a finanziare i progetti siano all’80 % uomini), ma quando si tratta di entrare nella sala di comando dell’economia del futuro — quella che, promettono gli analisti, entro il 2016, potrebbe portare 4,2 trilioni di dollari nei Paesi del G20 — le donne italiane restano fuori. 

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Più numerose e (un pò) più potenti. Per le donne qualcosa è cambiato (di Maria Silvia Sacchi in Corriere della Sera, La27Ora, 1 luglio 2014)

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Il monopolio dei posti di potere maschili si è rotto. Ma il cambiamento è ancora fragile.
Era il gennaio del 2008. In quelle settimane in Norvegia si stava dibattendo della volontà del governo di chiudere (nel senso proprio di non permettere più loro di operare) un centinaio di società che non rispettavano la quota del 40% riservata per legge nei consigli di amministrazione al genere meno rappresentato, le donne. Una decisione molto drastica. Ci si domandò allora in Italia cosa sarebbe successo alla nostra Borsa se si fossero applicati gli stessi criteri. Verdetto senza scampo: non una delle società avrebbe potuto restare in vita.

D’altra parte, il tetto del 40% era assolutamente «lunare» anche per le società più avanzate o per quelle che avevano donne nella famiglia proprietaria: le aziende quotate in Borsa viaggiavano in quell’anno su una media di donne che superava di un soffio il 5% e più della metà dei consigli di amministrazione esistenti era composto esclusivamente da uomini.

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Le «donne- ingegnere» e la leadership al femminile (di Laura Margheri in IlSole24Ore 31maggio 2014)

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Perché una leadership al femminile potrebbe essere più efficace di quella maschile? A pari conoscenze tecniche e scientifiche, esistono aspetti del carattere e dell’istinto femminile che possono giocare a favore nell’attuazione di strategie verso l’innovazione? A queste domande ha provato a rispondere il gruppo “Women In Engineering” dello Ieee (“Institute of Electrical and Electronics Engineers”) durante la sua prima conferenza internazionale, che ha riunito nelle scorse settimane a San Francisco, nei pressi della Silicon Valley, più di 350 ingegnere, manager, tecnologhe e ricercatrici, per condividere esperienze di successo nel settore imprenditoriale e scientifico e dare forti lezioni di “leadership al femminile”. 

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Vertici della Pa, per le donne pochi progressi. E la coptazione si ferma ai ruoli di vice (di Vittorio Nuti in IlSole24Ore 13 gennaio 2014)

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Le donne ai vertici decisionali della Pubblica amministrazione sono ancora poche, nonostante da anni le procedure di accesso (vedi concorsi pubblici e selezioni interne basate su criteri meritocratici e prove anonime) registrino percentuali di vincitori di sesso femminile spesso superiori al 50 per cento. Un trend confermato anche dagli ultimi concorsi della giustizia amministrativa: sono donna 19 su 32 neo-referendari del Tar; tra i 21 nuovi magistrati contabili, 10 sono donne.

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Donne nelle stanze dei bottoni: la sfida oltre le quote è tra la gente (di Paola Di Caro, in Corriere della sera, La 27 Ora, 21 Novembre 2013)

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L’Europa non transige: secondo un progetto di direttiva comunitaria votato ieri, le società Ue quotate in Borsa dovranno adottare procedure di assunzione trasparenti per far sì che, entro il 2020, almeno il 40% dei posti non esecutivi nei consigli di amministrazione siano coperti da donne, a fronte del 17,6% attuale considerato decisamente insufficiente. 

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Largo alle donne, anzi no. Le quote di genere nelle società pubbliche (di Roberta Carlini, In Genere, n. 95, 28 Ottobre 2013)

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Qualche giorno fa la Commissione europea ha dato un raro voto positivo all’Italia, nel rendere noti i dati sulla presenza delle donne nelle posizioni di vertice. Il segno “più” è relativo alla quota femminile nei board delle società quotate in borsa – dove la presenza di donne è salita in due anni e mezzo di 8,4 punti percentuali, raggiungendo quota 12,9: molto al di sotto della parità, e anche della media Eu 28 (che è 16,6%), ma comunque in rapida ascesa rispetto al 2010. 

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