Nove mesi di gravidanza, 11 ecografie, sette prelievi. Del bambino si sapeva (quasi) tutto. Della mia salute fisica anche. Eppure delle mie emozioni, di quello che provavo, della mia salute mentale non si (pre)occupava nessuno. Poi è nato mio figlio: altre misure, altre visite: «Molto bene, signora, il piccolo misura 57cm e ha preso 250 grammi in 7 giorni. Lei lo allatta?». E ancora, nessuno mi chiedeva: «E lei mamma, come sta? Come si sente?». Ho provato allora a dire a famigliari, amici e conoscenti, a volte pure alla vicina: «Il bambino sta bene, cresce, però, sai, a volte è dura. Non è tutto rosa e fiori come me lo aspettavo».
Differenza di genere, uguaglianza di prospettive (di Filippo Montesi, Secondo Welfare, 8 marzo 2018)
La giornata internazionale delle donne mantiene, al di là della consuetudine sociale, una rilevanza politica e culturale da proteggere e promuovere nelle nostre istituzioni. Nata per richiedere il diritto di voto femminile e diffusasi dagli Stati Uniti nel mondo attraverso la rete dei partiti socialisti del primo Novecento, questa ricorrenza assume ancora oggi, una valenza profondamente politica, radicandosi in valori di giustizia, uguaglianza e libertà, contro l’offuscamento della memoria e delle identità collettive.
Il Consiglio dei ministri spagnolo ha approvato un decreto legge per l’ampliamento del permesso di paternità in maniera progressiva fino a 16 settimane (sei delle quali obbligatorie), al 100% dello stipendio, per equipararlo con quello di maternità e favorire così la corresponsabilità genitoriale. La misura è stata annunciata dalla vicepremier e ministra all’uguaglianza, Carmen Calvo, nella conferenza stampa successiva alla riunione del governo.
Lo chiamano welfare aziendale ed è quell’insieme di buone prassi volte ad aumentare il benessere del lavoratore (e del suo nucleo familiare) attrverso piccoli grandi aggiustamenti inseriti nel contratto di secondo livello. Come dimostra l’integrativo siglato di recente in Ducati Motor, la negoziazione metalmeccanica da queste parti fa rima con eccellenza. Un mix di flessibilità e maggiorazioni economiche che migliorano la vita. A Bologna eprovincia la lista delle aziende virtuose, intendendo per virtù l’esistenza di relazioni col sindacato improntate sulla condivisione degli obiettivi, si fa anno dopo anno più lunga.
Non è solo una questione di welfare. L’indagine dell’Ispettorato interregionale del lavoro di Friuli, Emilia Romagna, Veneto e Marche che richiama l’attenzione sull’aumento dell’uscita dal lavoro delle donne per occuparsi dei figli e di altri carichi ci pone davanti ad una situazione allarmante: 3.600 donne in Emilia Romagna nel 2016. Quasi impossibile pensare che nell’epoca della rivoluzione digitale, dell’internet delle cose, dei big data, siamo ancora alle prese con l’impossibilità di riconoscere il ruolo della donna come parte fondante della società lavorativa. Questa ricerca fa emergere in modo netto le conseguenze delle sfide globali, tra le altre, l’invecchiamento della popolazione e l’abbassamento del tasso di natalità.
Secondo un’indagine di Uecoop, su dati Ipsos, ben sei lavoratori su dieci (59%) mettono al primo posto nella classifica dei benefit aziendali preferiti quelli legati alle spese familiari, dall’asilo dei figli all’assistenza degli anziani. Per l’Unione europea delle cooperative il welfare privato “sta diventando sempre più complementare rispetto a quello pubblico per rispondere a una crescente richiesta di servizi e assistenza soprattutto da parte di chi lavora e non ha possibilità di sfruttare reti familiari di sostegno a cui affidare i figli nelle ore di assenza fuori casa”.
Come si governa nella più assoluta pax interna e sindacale un’organizzazione letteralmente espolosa negli ultimi anni, con organi raddoppiati dal 2012 e oltre 6mila dipendenti sparsi in ogni angolo del pianeta, tra 45 stabilimenti produttivi e un’ottantina di filiali e agenzie commerciali in altrettanti Paesi? La ricetta del gruppo bolognese Ima, leader mondiale nelle macchine per packaging, ha ingredienti apparentemente comuni alle grandi multinazionali al top per reputazione, sostenibilità e Csr (Corporate social responsability) ma un risultato fuori dall’ordinario: azzeramento dei conflitti e una cultura di gentilezza e disponibilità, dagli operai alla famiglia azionista Vacchi, diventata un “marchio di fabbrica” del gruppo al pari del logo con il quadrato rosso spezzato. Non certo a discapito del business, che continua a crescere a doppia cifra anno su anno: la previsione per il 2018 è superare i 1.600 milioni di euro di fatturato (l’85% è export), più del doppio rispetto ai 761 milioni archiviati nel 2013, appena cinque anni prima.
Come si governa nella più assoluta pax interna e sindacale un’organizzazione letteralmente esplosa negli ultimi anni, con organici raddoppiati dal La consapevolezza della primaria importanza di diversità e inclusione sta crescendo in modo evidente nei luoghi di lavoro. L’assunto arriva da una recente ricerca condotta su scala internazionale da Lenovo (Cina, Stati Uniti, Regno Unito, Germania e Brasile i Paesi coinvolti) secondo cui la tecnologia rappresenta oggi un fattore positivo nella diffusione e comprensione di queste tematiche, considerate dalla maggioranza del campione intervistato come un’opportunità per costruire una comunità (dentro e fuori l’organizzazione) e non più un risultato da ottenere.
In Emilia-Romagna le donne sono oltre 2,290 milioni, il 51,4% del totrale: il 12,5% ha cittadinanza straniera. Il tasso di occupazione femminile è pari al 61,8%, contro quello italiano al 49,5. Sono attivate oltre 85.000 imprese femminili, il 21,1% del totale di quelle regionali. Sono questi i dati delle situazione delle donne inregione, presentati dall’assessore alle Pari Opportunità Emma Petitti in occasione del lancio di “Donne e lavoro” organizzato con il Coordinamento donne Acli di Rimini.
Secondo diverse ricerche gli interventi di welfare aziendale che riguardano il sostegno e la cura della famiglia sono ancora marginali nelle scelte dei lavoratori ma le richieste di questo genere di servizi sono in aumento. A evidenziarlo è stato ad sempio il Centro Studi di Confindustria in un recente studio, ma anche dall’Osservatorio di Cisl sulla contrattazione di secondo livello.