Secondo l’ultimo rapporto dell’Ispettorato nazionale del lavoro, oltre 30mila madri lavoratrici hanno lasciato il lavoro nell’ultimo anno, spesso in modo definitivo. Di queste, la metà dichiara di averlo fatto per ragioni riconducibili all’incompatibilità tra il lavoro e la cura dei figli, quali gli elevati costi di cura, il mancato posto all’asilo nido, l’assenza di familiari di supporto. Per più di una donna su tre la decisione è stata determinata dalla mancanza di flessibilità degli orari e delle condizioni di lavoro. La flessibilità è una delle principali richieste delle madri lavoratrici. Non è una novità: dalle madri lavoratrici viene spesso la richiesta di part-time. Non sempre però il part-time è possibile e non sempre è la soluzione ideale, poiché implica minore salario e minori possibilità di carriera. Questi rischi sono noti, eppure la domanda di flessibilità resta elevata.
Alle donne non si crede mai. Nella maggior parte dei casi, l’uomo violento appare affabile, integrato, una persona “tranquilla”, chi può credere che all’interno della sua famiglia possa agire violenze tanto acute? E, nel caso la cosa sia indubitabile, di certo saranno stati i comportamenti della sua compagna a rendere inevitabile il ricorso alla violenza. I reati di maltrattamento in famiglia sono complessi, avvengono nella sfera delle relazioni affettive e spesso sono caratterizzati da un’iniziale mancanza di disponibilità della donna di procedere contro il partner o l’ex partner, per una serie di dinamiche proprie del ciclo della violenza, come la dispercezione del sé che deriva dai maltrattamenti. Nelle aule dei tribunali, dove mi sono ritrovata a testimoniare in favore delle donne, inizialmente mi stupiva l’atteggiamento di molte, che non erano animate da sentimenti di rancore nei confronti del loro carnefice, ma dal desiderio di ricostruirsi un’esistenza libera.
Basterebbero 800 milioni di euro per dare un anno di asilo nido gratis a tutti i bambini che trovano posto nelle strutture pubbliche e private esistenti in Italia. Un budget che risulta non molto superiore a quello già stanziato per i prossimi anni tra bonus nido (330 milioni dal 2020) e bonus bebé (240 milioni per il 2020, poi la misura andrebbe rifinanziata). Ma che andrebbe a sostenere solo il 21,7% delle famiglie: c’è posto solo per un bambino su cinque negli asili nido privati e pubblici (esclusi i servizi integrativi) oggi attivi in Italia, seppur con grandi differenze sul territorio. La stima del Sole 24 Ore sulla copertura finanziaria necessaria per la misura “asili nido gratis”, annunciata nell’ultimo discorso di insediamento del presidente del Consiglio Giuseppe Conte è il risultato di una somma: da un lato c’è la spesa annuale pagata dalle famiglie degli iscritti nei nidi comunali e convenzionati, che vale 276 milioni di euro (dato Istat 2016/2017); dall’altra c’è la proiezione della retta media (300 euro, secondo Cittadinanzattiva) sul totale dei posti disponibili nei nidi privati, altri 460 milioni. Così, con poco meno di 800 milioni, si potrebbe garantire l’accesso gratuito a tutti senza limitazioni reddituali.
La Legge di Bilancio 2020 sul fronte dei bonus alle famiglie conferma la linea degli anni precedenti. I 600 milioni di euro stanziati, salvo qualche piccola novità, verranno utilizzati per rinnovare i vari bonus già esistenti nel 2019. Sembra dunque che bisognerà aspettare il 2021 per l’introduzione dell’assegno unico di cui si è tanto discusso negli ultimi mesi e che accorperà in un unico contributo tutte le misure frammentate e una tantum attualmente attive. Di seguito l’elenco delle misure che, come detto, contano qualche novità rispetto allo scorso anno. Diversi bonus sono stati confermati e, in alcuni casi, potenziati.
Lavorare sul reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza è un intervento globale che punta a evitare che un vissuto di temporaneo disagio si traduca in un vero e proprio “svantaggio sociale”. Uno sportello lavoro presente all’interno di un centro antiviolenza – che in genere opera in stretta connessione con l’area psicologica – ha perciò un compito complesso: aiutare le donne a riconnettersi con il contesto sociale di riferimento, ritrovare fiducia in relazioni interpersonali e socio-lavorative sane e avviare una ricerca del lavoro mirata. Tutto questo, anche attraverso il supporto e la selezione delle offerte di inserimento messe a disposizione dalle operatrici.
Che ne è stato dei fondi statali stanziati dai decreti di ripartizione antiviolenza emanati tra il 2016 e il 2018? A distanza di tre anni dall’emanazione del primo decreto, i fondi – in tutto 17,5 milioni di euro per il periodo 2015-2016, 12,7 milioni per il 2017, 20 milioni per il 2018 – non sono ancora stati totalmente liquidati dalle Regioni, e continuano ad arrivare con forte ritardo, nonostante per legge avrebbero dovuto essere utilizzati entro l’esercizio di bilancio del 2018. A confermarlo è Actionaid, che ha preso in esame i dati e gli atti regionali riguardanti la liquidazione dei fondi stanziati in base alla legge 119/2013, la cosiddetta legge sul femminicidio. Il monitoraggio, aggiornato al 1° ottobre 2019, ha rilevato che la percentuale di risorse liquidate dalle Regioni agli enti gestori di case rifugio e centri antiviolenza è salita al 63% (dal 25,9% registrato nel 2018) per i fondi relativi al 2015-2016, al 42% (dal 17% del 2018) per quelli destinati al 2017, e che è praticamente nulla per i fondi destinati al 2018.
Lavorare quattro giorni a settimana anziché cinque funziona. E aumenta i tassi di produttività. È il risultato di un esperimento targato Microsoft, che in Giappone ha voluto testare la settimana di lavoro più corta. Con l’iniziativa “Work Life Choice Challenge”, l’azienda di Redmond ha deciso di provare una settimana di lavoro ridotta per i suoi 2.300 dipendenti della sede di Tokyo. Un modo per promuovere un equilibrio più salutare tra lavoro e vita privata. Da qui è nata l’idea del weekend lungo: uffici chiusi venerdì, sabato e domenica per un mese (agosto 2019), così per valutare eventuali pregi e difetti di questa scelta.I risultati, come detto, sono stati sorprendenti. Secondo quanto riferito dalla stessa Microsoft, per il periodo del test la produttività (che è stata misurata in termini di vendite per dipendente) è aumentata del 39,9% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (agosto 2018, dunque). Un incremento significativo, insomma, ottenuto grazie a uno snellimento generale dei tempi dedicati ad alcune fasi del processo. Sono state limitate, ad esempio, le riunioni in azienda, con tempi massimi previsti di 30 minuti.
Un allungamento del congedo obbligatorio dopo la nascita di un figlio, da cinque a sei mesi, consentendo al papà di non andare al lavoro per un mese intero. È la novità alla studio del governo che ha iniziato mettere a punto un nuovo intervento in favore delle famiglie per aiutarle a conciliare i tempi della vita tra casa e lavoro. Una prima serie di interventi il governo li ha già messi in campo con l’ultima legge di Bilancio che, ad esempio, ha portato il “permesso” alla nascita di un figlio da 5 a 7 giorni per i neopapà. Tre poi gli interventi economici: il contributo alla spesa dell’asilo nido che può arrivare fino a 3mila euro, un bonus di 400 euro per l’acquisto di latte artificiale, limitato però alle mamme che hanno specifiche patologie e non possono allattare, e – soprattutto – la modifica del bonus bebè che da quest’anno va a tutti i nuovi nati, senza che debba essere conteggiato nella dichiarazione fiscale ma tenendo conto del reddito dei genitori.
A livello globale, oltre il 40 per cento delle persone che lavorano per la multinazionale sono donne che ad oggi occupano il 35% per cento delle posizioni manageriali, ma i vertici dell’azienda vogliono raggiungere almeno il 40 entro i prossimi due anni. Per arrivarci si è scelto di procedere con lo stesso numero di assunzioni per i due sessi e di incrementare le promozioni rosa. Non solo nuove tecnologie, attenzione verso il cliente e utilizzo di materiali rispettosi dell’ambiente. Una delle grandi sfide per le aziende di oggi è la parità salariale tra lavoratori e lavoratrici. Un traguardo che viene sancito anche dalla certificazione rilasciata dalla no-profit svizzera “Equal Salary Foundation” tramite il controllo di un ente terzo, Price Waterhouse Coopers, che ha il potere di ritirare il riconoscimento qualora si facciano passi indietro rispetto agli obiettivi raggiunti. Philip Morris International è stata la prima multinazionale al mondo, nel marzo 2019, ad ottenere questo certificato, avendo sottoposto tutte le sue affiliate, tra cui le due italiane, al vaglio della fondazione. Un risultato che attesta come l’uguaglianza di stipendio tra uomini e donne di pari grado riguardi tutti e 77mila i dipendenti del colosso del tabacco.
Il lavoro domestico e di cura non retribuito (in inglese: unpaid care and domestic work) rappresenta un’ampia fetta dell’attività economica mondiale. Ciononostante, il suo valore continua a non venire misurato e, quindi, finisce per essere trascurato. Questo tipo di lavoro è svolto prevalentemente dalle donne e anche se le disuguaglianze di genere si sono ridotte nel corso degli anni rimangono significative. Anche negli stati che hanno fatto della parità di genere una bandiera, le donne continuano a svolgere almeno il 20 percento in più di lavoro non retribuito rispetto agli uomini. Un recente studio del Fondo monetario internazionale (Fmi) ha illustrato come la quantità di lavoro domestico e di cura non retribuito svolto dalle donne sia inversamente proporzionale allo sviluppo economico dei paesi. L’avanzamento tecnologico e la mercerizzazione economica riducono la quantità di lavoro non retribuito e permettono una crescente partecipazione delle donne al mercato del lavoro retribuito. Tuttavia, lo studio rileva che anche le regole sociali e il sistema di valori hanno una fondamentale importanza nel ridurre e ridistribuire il lavoro non retribuito.