L’8 aprile, presso la Sala Polifunzionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, si è tenuto il seminario “Uguaglianza di genere ed empowerment delle donne nell’Agenda Post 2015: la posizione dell’Italia”, organizzato in collaborazione dal Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, dall’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo e dalla Global Call to Action against Poverty.
L’iniziativa è nata in seguito ad una richiesta avanzata dai rappresentanti della società civile presenti nel Gruppo tematico sull’Agenda Post 2015 del Tavolo Inter-istituzionale, a seguito dell’esposizione sulla tematica “genere e sviluppo” della Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo del Ministero degli Affari Esteri e della cooperazione internazionale.
L’incontro, che ha inteso promuovere un dibattito allargato su tali temi anche alla luce dei lavori della Commissione dell’Onu sulla Condizione delle Donne (Csw), ha rappresentato l’occasione per favorire lo scambio di informazioni sulle attività realizzate dal sistema italiano di cooperazione in materia di “Uguaglianza di genere ed empowerment delle donne” al fine di definire una posizione italiana sul tema sia per i negoziati attualmente in corso in sede ONU sulla definizione dell’Agenda, che per l’attuazione dell’Agenda stessa, che sarà approvata nell’Assemblea.
Sin dall’inizio del processo sull’Agenda post 2015 la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, in conformità con gli impegni presi a livello internazionale (CEDAW, Piano d’azione del Cairo 1994, Piattaforma di Pechino 1995, UN/SC Res. 1325/2000 e seguenti, Convenzione di Istanbul 2011) ha elaborato e approvato una visione che riconosce le donne come attive protagoniste dello sviluppo “sostenibile” e sostiene l’individuazione di “strumenti” specifici per attuarla.
Questa posizione è stata sostenuta con coerenza dall’Italia nel corso del negoziato “intergovernativo” sui nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile (ovvero i Sustainable development goals – SDGs), condotto attraverso l’Open Working Group in coordinamento tra il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
In particolare, la posizione italiana è stata orientata a sostenere un obiettivo specifico (Stand-alone Goal) sull’uguaglianza di genere e sull’empowerment delle donne con riferimenti “trasversali” al tema nelle aree più rilevanti dell’Agenda.
L’approccio italiano è basato sui criteri dell’agency (traducibile in italiano con “capacità soggettive” o “soggettività”), in riferimento alla possibilità per le donne di decidere sulla propria vita, di avere accesso alle opportunità economiche e di partecipare nello spazio pubblico per negoziare accordi che riflettono le loro esigenze fondamentali, in modo che sia riconosciuto e valorizzato il contributo delle donne allo sviluppo sostenibile e il loro ruolo di agenti del cambiamento; in secondo luogo della “trasformatività”, in riferimento alla possibilità di affrontare le cause strutturali delle disuguaglianze tra uomini e donne e di modificare istituzioni e norme sociali discriminatorie che sostengono il perpetuarsi delle stesse, a cominciare dalla violenza sessuale; infine della “misurabilità” in riferimento alla necessità di adottare un sistema di indicatori “globali”, basati sugli standard dei diritti umani per verificarne l’applicazione nei confronti delle donne in ogni paese.
I punti più rilevanti della posizione italiana sono legati alle specifiche esperienze di cooperazione realizzate e alla constatazione che la revisione dei progressi compiuti per l’uguaglianza di genere, così come per quelli relativi alla salute sessuale e riproduttiva delle donne, ha rivelato che non vi è stato un percorso uniforme nel corso degli ultimi 15 anni. Infatti, concentrarsi solo sui sintomi e le manifestazioni di esclusione delle donne dovuti alla loro presunta vulnerabilità (ad esempio la mancanza di reddito, l’istruzione o la salute), piuttosto che sulle cause che la producono (quali norme comportamentali discriminatorie, mancanza di accesso alle risorse e di rappresentanza), porta a definire politiche di corto respiro che non permettono di valorizzare il reale contributo delle donne allo sviluppo sostenibile. Molto spesso le violazioni dei diritti umani delle donne sono legate a discriminazioni specifiche che cambiano a seconda dei contesti e che dovrebbero essere affrontate attraverso la promozione dell’”agency” delle donne per trasformare le forme della loro partecipazione allo spazio pubblico e per fare in modo che i diritti “de jure” si applichino “de facto”, anche grazie alle politiche di cooperazione internazionale, promosse dalla società civile e dalle istituzioni.
I lavori sono stati introdotti dalla Consigliera del Presidente del Consiglio in materia di pari opportunità, On.le Giovanna Martelli, e dal Direttore Generale per la Cooperazione allo Sviluppo presso il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale, Ministro Plenipotenziario Giampaolo Cantini.
(Fonte Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le Pari Opportunità)