Conciliare vita familiare e lavorativa è un diritto e il datore di lavoro ha il dovere di garantirlo. Per la sua violazione l’Ispettorato del lavoro di Firenze è stato condannato con una sentenza da considerarsi un unicum nella materia delle pari opportunità, perchè riconosce la conciliazione vita-lavoro un vero e proprio diritto soggettivo. Una sentenza che è anche antesignana rispetto all’obbligo imposto dalla recentissima Direttiva europea che introduce l’equilibrio fra attività professionale e vita familiare, imponendo a tutti gli Stati membri di adeguarvisi entro il 2020.
Flessibilità questa sconosciuta. Il mito del professionista incollato alla scrivania dello studio legale è duro a morire. E per le donne, insieme a fattori di natura culturale e a un’arretratezza generale dei servizi di cura, è uno dei tanti macigni frapposti tra il primo incarico da tirocinanti e la nomina a managing partner. È su questo fronte che sei tra le avvocate al top nelle law firm più importanti d’Italia interpellate dal Sole 24 Ore sono praticamente unanimi: per Giulietta Bergamaschi (Lexellent), Roberta Crivellaro (WhitersWorldWide), Barbara de Muro (Lca e AslaWomen), Laura Orlando (Herbert Smith Freehills), Claudia Parzani (Linklaters e Allianz Spa), Stefania Radoccia (Ey), scalare i gradini della carriera non è facile in generale, ma per le donne è ancora una partita giocata ad armi impari. Pesano, più di ogni altra cosa, i tempi di conciliazione con la vita privata, i carichi familiari, l’idea di una scarsa (o pressoché nulla) condivisione dei lavori di cura.
Tra i bancari le quote rosa sono il 46,2% e negli ultimi vent’anni sono cresciute di oltre il 15%. Poche però le donne che hanno incarichi di vertice. Il rinnovo del contratto dei bancari sembra aver imboccato la sua strada e la trattativa serrata dei prossimi giorni dirà se Abi e i sindacati (Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin) riusciranno a costruire un equilibrio sostenibile per tutti. Il presidente del Casl di Abi, Salvatore Poloni, spiega che le parti stanno «lavorando per cercare di avere il contratto entro la fine dell’anno. Tutte le trattative complesse hanno sempre un decollo complicato, gli argomenti sono tanti. Arriva il momento in cui si individuano i pilastri fondamentali, poi l’accelerazione viene spontanea. I tempi sono maturi per un’accelerazione».
Erogazione apripista a fondo perduto per semplificare la vita di ogni businesswoman in casa e in azienda. È una misura senza precedenti nel panorama camerale italiano quella messa in pista dalla Cdc di Bologna: un finanziamento di un milione di euro alle imprenditrici che diventeranno mamme nel 2020, con erogazioni a fondo perduto fino a 12.500 euro per semplificare la vita di ogni businesswoman in casa e in azienda. «Gestire un’impresa richiede un impegno costante, ogni giorno a qualsiasi ora. Farlo con un neonato è una avventura tanto bella quanto impegnativa. Il nostro obiettivo è riconoscere e valorizzare le imprenditrici, non farle sentire sole, fornire loro un aiuto concreto: un milione di euro per rendere la loro vita più facile», spiega Valerio Veronesi, presidente della Camera di commercio di Bologna.
Parte all’Università Statale di Milano, in via sperimentale per il 2019, un’azione di supporto economico a favore del personale tecnico amministrativo e bibliotecario – a tempo determinato e indeterminato – e dei collaboratori ed esperti linguistici con familiari non autosufficienti. Si tratta di un rimborso delle spese sostenute per i servizi di assistenza, residenziali e domiciliari – come RSA e “badanti” – destinati al coniuge o parte dell’unione civile, a genitori, figli, suoceri e fratelli in possesso di una certificazione di non autosufficienza prevista dall’art. 3, comma 3 della Legge 104/1992. L’entità del rimborso è definita in base al calcolo dell’ISEE del richiedente: si va da un massimo di 12.000 euro fino ad un minimo di 150 euro. Il contributo è previsto da un accordo, firmato il 31 ottobre 2019, dal Rettore, Elio Franzini, dal Direttore generale, Roberto Conte, e dalle rappresentanze sindacali, e si prevede di renderlo pienamente stabile nel corso del 2020.
Il 21 giugno 2019 resterà una data importante perché segna l’adozione, da parte della Conferenza Internazionale del Lavoro, dei primi strumenti internazionali sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro: la Convenzione n.190 e la Raccomandazione n.206 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL), agenzia specializzata delle Nazioni Unite. Si tratta del risultato di oltre otto anni di intensi dibattiti e duro lavoro che hanno preceduto il movimento #MeToo, e da questo hanno tratto ulteriore impulso e legittimità. Per oltre tre anni, il Consiglio di amministrazione dell’OIL ha discusso se fosse necessario e opportuno adottare nuove norme internazionali in materia, e se le medesime dovessero focalizzarsi esclusivamente sulla violenza e le molestie di genere nel mondo del lavoro o dovessero adottare un approccio più ampio.
Carenza di attenzione, giorni di assenza dovuti a permessi “per malattia” in realtà legati alle percosse, ritardi, scenate violente di uomini che vogliono minare la posizione lavorativa delle loro compagne o di ex che tentano di intercettarle: la violenza domestica ha un impatto negativo sul lavoro delle donne. Un ambiente di lavoro che non è in grado di leggere quello che sta succedendo e di sostenerle rischia di diventare un fattore aggravante, legittimando la violenza e indebolendo ulteriormente le donne che ne sono vittime. È un dovere delle organizzazioni costruire uno spazio sicuro per le donne, e non legittimare l’uso della violenza per ottenere potere e controllo né dentro né fuori dagli uffici.
Discriminate. Oggetto di atteggiamenti sessisti. Pagate meno. La vita per le donne nel mondo del lavoro, si sa, è dura. Meno noto è il fatto che questo fenomeno sia perdente anche dal punto di vista degli affari. Diversi studi hanno dimostrato il legame positivo tra presenza signifcativa di donne ai vertici e i risultati di bilancio: un rapporto che le imprese cominciano a tenere d’occhio, anche se la strada appare ancora lunga. Lo confermano i risultati del sondaggio di Dla Piper (azienda multinazionale di servizi legali presente in oltre trenta Paesi ) realizzato da Carmen Chierchia e Raffaella Quintana, fondatrici di Law, gruppo di lavoro formato da professioniste che si occupa di leadership femminile, e Valore D, un’associazione che promuove l’equilibrio di genere in Italia.
Discriminate. Oggetto di atteggiamenti sessisti. Pagate meno. La vita per le donne nel mondo del lavoro, si sa, è dura. Meno noto è il fatto che questo fenomeno sia perdente anche dal punto di vista degli affari. Diversi studi hanno dimostrato il legame positivo tra presenza signifcativa di donne ai vertici e i risultati di bilancio: un rapporto che le imprese cominciano a tenere d’occhio, anche se la strada appare ancora lunga. Lo confermano i risultati del sondaggio di Dla Piper (azienda multinazionale di servizi legali presente in oltre trenta Paesi ) realizzato da Carmen Chierchia e Raffaella Quintana, fondatrici di Law, gruppo di lavoro formato da professioniste che si occupa di leadership femminile, e Valore D, un’associazione che promuove l’equilibrio di genere in Italia.
Il bando della Camera di Commercio di Bologna mette a disposizione contributi in favore delle imprese, con sede legale nell’area metropolitana di Bologna, amministrate da donne con figli nati tra il 1/1/2020 ed il giorno di invio della domanda, al fine di sostenere le spese necessarie per conciliare tempi di vita e di lavoro e non abbandonare l’attività imprenditoriale. I contributi sono assegnati a fondo perduto, in un’unica soluzione nella misura del 50% delle spese ammissibili. Ogni impresa può ottenere un solo contributo per un massimo di € 12.500.