Secondo un’indagine di Uecoop, su dati Ipsos, ben sei lavoratori su dieci (59%) mettono al primo posto nella classifica dei benefit aziendali preferiti quelli legati alle spese familiari, dall’asilo dei figli all’assistenza degli anziani. Per l’Unione europea delle cooperative il welfare privato “sta diventando sempre più complementare rispetto a quello pubblico per rispondere a una crescente richiesta di servizi e assistenza soprattutto da parte di chi lavora e non ha possibilità di sfruttare reti familiari di sostegno a cui affidare i figli nelle ore di assenza fuori casa”.
ll volume offre una panoramica sui tempi di vita delle persone, attrvaverso la definizione di circa 70 indicatori dell’Unece, introdotti per comparare alcune dimensioni della vita sociale ed economica dei diversi Paesi UE. Nella prima parte del volume vengono presentati i risultati legati ai tempi di lavoro, in particolarein riferimento a: lavoro non retribuito, differenze di genere e modalità organizzative. Nela seconda parte viene analizzata la connessione tra benessere e tempi di vita. Di particolare importanza risulta essere la comparazione internazionle, grazie alla recente pubblicazione di Eurostat (2018) delle tavole relative alla seconda edizione delle indagini armonizzate europee.
ll volume,offre un approfondimento di informazioni già diffuse dell’Istat, indaga i tempi di vita delle persone a partire da circa 70 indicatori proposti dell’Unece per illustrare in modo standardizzato e comparabile alcune dimensioni della vita sociale ed economica dei diversi Paesi. Nella prima parte, dedicata ai tempi di lavoro, per la prima volta viene stimato il valore economico del lavoro non retribuito prodotto in Italia e si analizzano le differenze di genere nei carichi di lavoro totale per i diversi modelli di organizzazione familiare presenti nel Paese. La seconda parte analizza il legame tra benessere e tempi di vita: la conciliazione tra le diverse dimensioni della vita e la sovrapposizione tra tempi diversi (multitasking); il tempo dedicato alla socialità e alle attività del tempo libero; i tempi legati ai diversi stili di vita e il loro impatto sulla salute (sonno, modalità di spostamento, attività sedentarie). Particolare rilievo viene dato alla comparazione internazionale, resa possibile dalla recente (aprile 2018) pubblicazione da parte di Eurostat delle tavole relative alla seconda edizione delle indagini armonizzate europee.
ll volume,offre un approfondimento di informazioni già diffuse dell’Istat, indaga i tempi di vita delle persone a partire da circa 70 indicatori proposti dell’Unece per illustrare in modo standardizzato e comparabile alcune dimensioni della vita sociale ed economica dei diversi Paesi. Nella prima parte, dedicata ai tempi di lavoro, per la prima volta viene stimato il valore economico del lavoro non retribuito prodotto in Italia e si analizzano le differenze di genere nei carichi di lavoro totale per i diversi modelli di organizzazione familiare presenti nel Paese. La seconda parte analizza il legame tra benessere e tempi di vita: la conciliazione tra le diverse dimensioni della vita e la sovrapposizione tra tempi diversi (multitasking); il tempo dedicato alla socialità e alle attività del tempo libero; i tempi legati ai diversi stili di vita e il loro impatto sulla salute (sonno, modalità di spostamento, attività sedentarie). Particolare rilievo viene dato alla comparazione internazionale, resa possibile dalla recente (aprile 2018) pubblicazione da parte di Eurostat delle tavole relative alla seconda edizione delle indagini armonizzate europee.
Si terrà presso la Sala Auditorium del Museo del Patrimonio Industriale una giornata di studio dedicata al il progetto “Genere, lavoro e cultura tecnica tra passato e futuro”. Al mattino dalle ore 9:30 e le 11:30 sarà possibile prenotare per 4 classi di Scuola Superiore una visita guidata alla mostra “Formazione professionale, lavoro femminile, industria a Bologna 1946-1970”. Al pomeriggio, si aprirà il workshop a cui seguirà la presentazione del volume: Differenza Emilia: teorie e pratiche politiche delle donne nella costruzione del “modello emiliano”.
l bicchiere mezzo pieno è tutto in quel numero, +0,32%, che sta a certificare nel 2018 un timido aumento delle cariche ricoperte dalla donne all’interno delle imprese italiane. Il bicchiere mezzo vuoto invece ci racconta di un Paese in cui, secondo i dati dell’Osservatorio dell’imprenditoria femminile di Unioncamere – Infodata, una solo donna su quattro è riuscita a infrangere il tetto di cristallo e oggi ricopre ruoli di alta responsabilità: il 25% su quasi 4 milioni di amministratori d’impresa. Va un po’ meglio con le professioniste: secondo i dati dell’Osservatorio delle libere professioni di Confprofessioni, nel 2017 rappresentano il 35% del mondo del lavoro autonomo.
Lavanderia aziendale e spesa a portata di App. Poliambulatorio con servizio infermieristico e specialistico a disposizione di dipendenti e loro famiglie. E ancora: orari flessibili per le mamme e i papà, sostegno alla formazione dei figli, palestra e corsi di yoga direttamente “on the job”. Il welfare aziendale sta rompendo la “barriera dimensionale” e si diffonde velocemente nelle Pmi: oggi praticamente una realtà datoriale su due è attiva in almeno quattro aree di servizi rivolti…
Anche se l’Emilia-Romagna è una delle regioni in cui il tasso di occupazione femminile è più elevato (il 63% contro la media del 58%), c’è ancora molto da fare. Secondo i dati dell’Ispettorato del lavoro interregionale di Friuli Venezia Giulia, Veneto, Emilia Romagna e Marche, sarebbero circa 3600 le donne che da Piacenza a Rimini nel 2016 sono state costrette a lasciare l’impiego per occuparsi, nel 37% dei casi, dei figli.Per chi non lo fa, è il part-time a diventare l’unica forma di conciliazione fra tempi di lavoro e vita. E nemmeno come scelta volontaria.
Le studentesse e le laureate sono più numerose e brave. Le iscritte ai master superano i maschi. Le studiose con un assegno di ricerca eguagliano di fatto i colleghi, le ricercatrici se la giocano ancora quasi alla pari. Ma al primo salto in cattedra il divario balza agli occhi: le docenti associate sono il 37% e arrivano appena al 22% nel ruolo da ordinario. Le magnifiche? Basta una mano a contarle. Su 82 rettori, attualmente le donne sono cinque: guidano gli atenei di Cagliari, L’Aquila, della Basilicata, l’Orientale di Napoli e la Bicocca. Dal 2008 al 2017 la presenza delle docenti è in crescita di 2-4 punti percentuali in tutte le aree disciplinari, racconta il Rapporto Anvur, con una più accentuata prevalenza maschile a Fisica, Ingegneria industriale e dell’informazione.
La Spagna ha fatto grandi passi avanti rispetto all’Italia in termini di condivisione della cura dei figli, ma se confrontata con alcuni casi esemplari dell’Europa del Nord può restituirci bene la misura della strada che resta ancora da fare. Se un padre norvegese ha a disposizione 112 giorni di permesso di paternità, un padre spagnolo, fino ad ora, può beneficiare solo di 35 giorni, quindi meno di un terzo. Il congedo di paternità, in Spagna, poco alla volta ha conquistato tempo, ma è sempre rimasto indietro rispetto al congedo di maternità. Nel marzo 2007 i padri sono passati da 2 giorni a 2 settimane, dieci anni dopo sono arrivati a 4 settimane e dal luglio 2018, a 5 settimane.