Il monopolio dei posti di potere maschili si è rotto. Ma il cambiamento è ancora fragile.
Era il gennaio del 2008. In quelle settimane in Norvegia si stava dibattendo della volontà del governo di chiudere (nel senso proprio di non permettere più loro di operare) un centinaio di società che non rispettavano la quota del 40% riservata per legge nei consigli di amministrazione al genere meno rappresentato, le donne. Una decisione molto drastica. Ci si domandò allora in Italia cosa sarebbe successo alla nostra Borsa se si fossero applicati gli stessi criteri. Verdetto senza scampo: non una delle società avrebbe potuto restare in vita.
D’altra parte, il tetto del 40% era assolutamente «lunare» anche per le società più avanzate o per quelle che avevano donne nella famiglia proprietaria: le aziende quotate in Borsa viaggiavano in quell’anno su una media di donne che superava di un soffio il 5% e più della metà dei consigli di amministrazione esistenti era composto esclusivamente da uomini.
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