Quando si tratta di adottare uno spirito imprenditoriale, sono gli uomini a essere in vantaggio. Nonostante in Europa le donne costituiscano più della metà della popolazione, non sono che un terzo degli imprenditori dell’UE ed è per questo che la Commissione europea si sta concentrando sulle iniziative di impresa, dirette specificamente alle donne.
Una donna su due al Sud – e quasi 7 su 10 in Campania – risultano “inattive”. Cioè non lavorano né cercano lavoro. Ma è un quadro credibile? Nuovi dati rivelano quante sono le donne pronte a lavorare, e perché sfuggono alle statistiche. Il quadro del sud Italia non diventa per questo roseo, ma certo più promettente.
A cadenze mensili suona l’allarme occupazione, per uomini e donne. Ma per trarre un bilancio occorre uno sguardo un po’ più lungo. Nel comune disastro, il genere che aveva meno ha anche perso meno. Anzi, ha guadagnato qualcosina. Da qui bisogna partire, per trarre tre lezioni su come uscirne
Il grande balzo in avanti delle ragazze laureate è avvenuto in pochi anni. Nel 2010, ha preso la laurea il 26,3% delle donne tra i 25 e i 29 anni, e solo il 17,4% dei coetanei maschi. E il “gender ratio” in questo campo è il più alto d’Europa – stavolta a favore delle donne. Ma il mercato del lavoro non segue.
Occorre detassare il lavoro delle donne e un uso più flessibile del part-time sia per gli uomini sia per le donne in modo da riequilibrare i ruoli nella famiglia.
La crisi allarga la forbice delle disuguaglianze. Lo rileva l’Ilo (International Labour Office) nel suo “Global Employment Trends 2012”, Ma in Italia, le donne ai vertici resistono meglio. Anzi, Manageritalia ha rilevato che dal 2009 al 2011 le dirigenti donna nel nostro paese sono aumentate del 15,4%.
Per cambiare la cultura occorre agire su una combinazione di fattori. Ma nella discussione politica non se ne vede traccia.
Le aziende sono state molto lente nell’assumere più donne come direttori dei consigli di amministrazione. Secondo una relazione dell’UE, però, il periodo tra ottobre 2010 e gennaio 2012 ha visto i maggiori progressi per migliorare l’equilibrio di genere nei consigli di amministrazione delle aziende. Anche se le cifre sono ancora notevolmente basse, questo sviluppo denota un punto di svolta ed è considerato collegato al più intenso dibattito pubblico iniziato dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo nei loro inviti ad agire. In alcuni Stati membri questi sono stati seguiti da passi concreti per accelerare il cambiamento.
La Commissione propone una direttiva per portare a un minimo del 40% le donne nei board, entro il 2020. Viviane Reding vince la sua battaglia, dopo una spaccatura in Commissione. I nodi del dibattito, nell’intervento di una delle promotrici della legge italiana, che dice: i numeri ci stanno dando ragione.
La distanza tra livelli di partecipazione, forze di lavoro e occupazione femminile tra Il nostro Paese e la locomotiva d’Europa è noto. Ed è noto anche che quella ventina di punti di distacco tra noi e la Germania rischia di aumentare negli anni a venire se si avvereranno le ipotesi fatte circolare ultimamente da diversi centri di ricerca e dalla Bce, che parlano di un aumento del tasso naturale di disoccupazione. Il Sole 24 Ore – leggi su http://24o.it/vgz9h